Welfare aziendale
28 Feb 2020

Welfare aziendale, un fenomeno in crescita

Welfare aziendale, un fenomeno in crescita

In America colossi come Amazon, Berkshire Hathaway e JP Morgan stanno seguendo questa strada per ampliare l’assistenza e superare le rigidità delle polizze assicurative. In Italia i numeri del welfare aziendale sono per ora più contenuti (il giro d’affari è di circa mezzo miliardo di euro), ma le prospettive sono esponenziali: secondo il Censis potrebbe arrivare in pochi anni a quota 21 miliardi di euro.

Ospite nella puntata del 2 febbraio di Radio Anch’io sulle frequenze di Radio1, Filippo Di Nardo, giornalista esperto di lavoro e direttore responsabile e founder di KONGnews.it, ha ricordato che, «nonostante la prima legge in materia sia del 1985, da due o tre anni a questa parte c’è un boom del welfare aziendale. Questo perché c’è una triplice convenienza: conviene ai lavoratori, conviene alle aziende e conviene allo Stato».

Un vantaggio per dipendenti e aziende

Le aziende, spiega Di Nardo, ottengono due risultati: «Da un lato hanno un risparmio fiscale sul costo del lavoro, dall’altro mettono in pratica una serie di iniziative per il benessere dei dipendenti, che è un tema di competitività e incide anche sulla produttività». Inoltre, prosegue Di Nardo, grazie agli ultimi sgravi inseriti in Finanziaria, il welfare aziendale è molto conveniente anche per i lavoratori. «Erogare 100 euro come premio di produttività in busta paga si traduce in un guadagno netto di 60 euro per il dipendente e in un costo di 140 euro per l’azienda. Viceversa, erogare la stessa cifra in welfare aziendale, permette al dipendente di avere a disposizione 100 euro e all’azienda di risparmiarne 40», ricorda l’esperto.

Il welfare aziendale si traduce poi in un vantaggio notevole anche sul fronte “sociale”, perché così le aziende riescono a offrire una serie di servizi alla persona come babysitter, colf e badanti e arricchire e arricchire e integrare anche i servizi di cura alla persona in aggiunta a quelli già coperti dal servizio sanitario nazionale.

La svolta: il nuovo contratto dei metalmeccanici

Nelle due ultime manovre il legislatore ha inserito una fiscalità premiale per il welfare azienda. Ma in Italia la svolta per il comparto è arrivata lo scorso settembre con il contratto dei metalmeccanici: il primo ad aver erogato gli aumenti salariali non più sotto forma cash ma in servizi nel campo dell’assistenza sanitaria, della formazione o della previdenza complementare. Senza contare che nel nostro Paese si stanno muovendo sul mercato realtà molto dinamiche come Edenred, azienda leader nelle soluzioni di employee benefit e inventrice del Ticket Restaurant, che ha lanciato programmi di welfare aziendale molto interessanti anche dal punto di vista fiscale.

Sempre dai microfoni di Radio Anch’io Franca Maino, docente all’università degli Studi di Milano e direttrice del laboratorio di ricerca “Percorsi di Secondo Welfare”, fa notare che, oltre allo Stato e alle aziende, un ruolo molto importante lo possono svolgere anche altri attori: «Pensiamo ai soggetti del terzo settore, le cooperative o le imprese sociali nelle loro vesti di fornitori, erogatori e aggregatori di prestazioni e servizi, pensiamo ai provider o il peso della bilateralità, che può avvicinare il welfare aziendale ai territori». Proprio a livello territoriale si ripete la dicotomia tra Nord e Sud. «I centri di ricerca e i laboratori più avanzati – conclude la professoressa Maino – hanno ben presente una serie di rischi come la contrapposizione territoriale o il fatto che il welfare sia più diffuso nelle grandi aziende. Bisogna lavorare perché ci sia maggiore consapevolezza sui rischi e maggiore informazione sulle opportunità», ma parallelamente si deve «fare un lavoro di tipo culturale per scardinare l’idea che il welfare debba essere soltanto pubblico. Il che non vuol dire smantellare quello che si è conquistato, ma capire quali contributi servono per rinnovarlo», conclude Maino.