Smart working e produttività: puntare sull’efficienza senza dimenticare le persone
Il Covid-19 e la pandemia che ne è scaturita hanno dato un notevole impulso allo smart working, anche se spesso è stato confuso con il lavoro da casa. Per molti, a causa delle varie restrizioni, infatti non ha significato lavorare da qualunque posto o nel momento più congeniale, ma farlo essenzialmente dalla propria abitazione, mantenendo spesso gli orari di ufficio, anzi arrivando persino a prolungarli.
Ma come lo smart working nel 2021 può incentivare la produttività della tua azienda? Rispettando il work life balance dei tuoi dipendenti e inserendolo a pieno titolo nel welfare aziendale? Ne parliamo in questo articolo dando un’occhiata ai numeri e suggerendo alcuni modus operandi.
Stando a quello che è emerso dall’Osservatorio del Politecnico che ha condotto la Ricerca 2020 sullo smart working, in termini di produttività c’è sicuramente da considerare il fatto che tra i benefici riscontrati, i dipendenti hanno migliorato le loro competenze digitali e questo ha ovviamente una ricaduta sul loro modo di lavorare.
Ciò è avvenuto per le grandi imprese per il 71% ma anche per il 53% di chi lavora nella Pubblica Amministrazione.
La grande “scoperta”, inoltre, che le aziende hanno fatto durante il lockdown è che sì, lo smart working porta a un incremento di produttività.
Stando a una ricerca condotta da Microsoft, l’87% di chi ha lavorato in questo modo ha riscontrato di essere produttivo come era in ufficio, se non addirittura di più. Si ipotizza un 20% in più, anche se non è così semplice quantificarlo però è facile capire il perché di questo incremento di produttività.
Alla resa dei conti si lavora di più, non ci sono tempi morti come quelli di spostamento e non c’è il “distacco” tra casa e ufficio. Il che per certi versi può essere un bene (il viaggio casa-lavoro influisce meno sulle ore a disposizione nella giornata), ma bisogna fare molta attenzione perché il “lavorare sempre” può minare fortemente il work-life balance.
Anche se per molta gente, specie per chi l’ha mantenuto, il lavoro è stata una grande distrazione.
Ma come fare in modo che lo smart working che magari hai inserito a pieno titolo nel tuo welfare aziendale continui a rilanciare la produttività senza intaccare il benessere del lavoratore? Ecco alcuni consigli.
Separare la produttività dal grado di contentezza dei lavoratori è qualcosa che non si dovrebbe mai fare.
Anche perché se i dipendenti sono soddisfatti, questo in qualche modo riesce a compensare gli eventuali effetti negativi che derivano dalla mancanza di contatti personali. Non che li si possa mai sostituire, è chiaro, ma se il lavoratore è contento di quello che fa, questo mitigherà il fatto di non fare la pausa caffè con i colleghi di non potersi confrontare dal vivo e così via.
Come d’altra parte sottolinea il rapporto OCSE dal titolo “Exploring policy options on teleworking: steering local economic and employment development in the time of remote work”, pubblicato nel novembre 2020, tutto questo potrebbe influire in particolare sulle fasce più giovani e sulle donne rispetto ai lavoratori più anziani.
Questi ultimi infatti sono più stabili economicamente e hanno case più grandi, con spazi ad hoc per lavorare, mentre quelli più giovani in genere preferiscono andare in ufficio e vivono in monolocali o al massimo bilocali.
Quanto alle donne, lavorare di più potrebbe generare ulteriore stress per il fatto di dover conciliare la vita professionale con la gestione della propria casa e non avere nessuno “sfogo” in un ambiente diverso.
Alla luce di queste differenze è fondamentale creare momenti di confronto con il dipendente per sapere come sta andando e per accogliere le sue riflessioni o eventuali rimostranze.
E questo andrebbe fatto periodicamente: servirà alla tua azienda per testare il polso della situazione e al dipendente per sentirsi ascoltato. Perché se quello di lavorare in smart working, pandemia o no, è un benefit, bisogna comunque gestirlo al meglio.
Non dovrebbero poi mancare i momenti conviviali necessari in smart working per ridurre quel senso di isolamento e l’ansia che anche l’Osservatorio del Politecnico ha analizzato come sentimenti più ricorrenti.
Organizzare aperitivi condivisi o pause caffè di gruppo, contest aziendali e tanto altro ancora può aiutare anche in termini di produttività: il dipendente si sente più coinvolto e tende a lavorare meglio.
Collegato a quanto detto sopra, la collaborazione deve essere favorita in ogni modo e mai data per scontata.
In primis scegliendo le piattaforme più adatte al tuo tipo di azienda e ai collaboratori che vanno in primo luogo testate e poi proposte ai dipendenti. Più che la scelta tra Microsoft Teams, Google Meet o Zoom, bisogna capire qual è il grado di preparazione digitale, quali sono le necessità e solo successivamente scegliere lo strumento.
La collaborazione però va alimentata anche cercando di impostare dei processi di lavoro agile, snelli, eliminando il più possibile procedure lente e macchinose. Se i dipendenti lavorano in smart working devono essere agevolati, non ulteriormente appesantiti.
Se la produttività aumenta, però, il vantaggio non è solo dell’azienda, ma anche del dipendente. Alcune ricerche ipotizzano che più si diventa produttivi, più aumentano le possibilità di avere, in prospettiva, un reddito più alto.
Uno studio dell’Università del Kent, nel Regno Unito, sostiene che la flessibilità aumenta le possibilità di accrescere il proprio reddito in nome della maggiore produttività garantita. Una prospettiva auspicata più dagli uomini, mentre le donne vedono nello smart working una preziosa occasione per ottenere un maggiore work-life balance, ovvero un equilibrio tra vita privata e lavorativa.
Il miglioramento della produttività derivante dall’introduzione delle policy di Smart Working, inoltre, è uno dei KPI utili alla strutturazione di premi di risultato convertibili in welfare aziendale.