Una delle maggiori difficoltà che incontrano le imprese, specie le più piccole, nell’adozione dei piani di welfare aziendale consiste nella fornitura dei servizi ai propri dipendenti.
Non tutte le aziende, infatti, hanno una dimensione adeguata per dotarsi delle strutture necessarie, ad esempio una palestra aziendale o un asilo nido, o per definire autonomamente le convenzioni con singole realtà (come centri benessere, agenzie di viaggio, istituti di formazione) in grado di rispondere efficacemente alle esigenze dei dipendenti.
Tuttavia c’è un modo molto semplice per non rinunciare ai vantaggi fiscali introdotti dalla legge di Stabilità del 2016 (e seguenti) a favore delle aziende che adottano piani di welfare aziendale e fornire allo stesso tempo ai propri dipendenti un ottimo paniere di servizi, a integrazione del salario, senza appesantire la burocrazia e il lavoro amministrativo.
Si tratta del ricorso ai ticket welfare che hanno un funzionamento simile ai buoni pasto (con qualche limitazione, che vedremo) e consentono ad ogni azienda di accedere all’ampio paniere di servizi convenzionati con la società che li emette.
Al contrario dei buoni pasto, però, ogni singolo ticket deve essere utilizzato per una sola prestazione e deve coprirne l’intero valore.
Non è possibile insomma utilizzare un buono per pagare solo metà della cifra da corrispondere per un servizio che poi viene “coperto” per la parte restante dal dipendente.
Il funzionamento è molto semplice. Supponiamo che un’azienda decida, nel rinnovo contrattuale, di riconoscere a ogni dipendente 200 euro di aumento sotto forma di welfare aziendale. Questa forma è molto conveniente perché tale ammontare non è tassato né lato azienda né lato dipendente.
Rimane però il tema di come il dipendente possa beneficiare dei servizi di welfare. Grazie al voucher welfare, il dipendente, senza alcun anticipo di denaro, potrà scegliere di quali servizi intende avvalersi presso una rete di strutture convenzionate. Così come potrà segnalare quella di sua preferenza. In entrambi i casi riceverà un tagliando dell’importo richiesto (entro i limiti annuali definiti) da spendere per il pagamento della prestazione.
Nella pratica si tratta di un codice a barre che può essere stampato, fornito sopra su supporto cartaceo o esibito tramite il cellulare. La cosa importante è che il valore facciale del voucher e del servizio richiesto corrispondano.
I benefit accessibili tramite voucher welfare sono i più disparati. Rientrano nei piani di welfare aziendale per esempio viaggi, corsi di formazione, visite ai centri benessere, servizi a supporto dei propri figli o dei propri genitori, abbonamenti ai mezzi pubblici.
Tra le diverse società che forniscono questo servizio in Italia c’è Edenred attraverso il Ticket Welfare, un voucher che dà accesso un una amplissima offerta di servizi presso una rete di strutture già convenzionate o segnalate dal dipendente. Importante in ottica welfare, l’esperienza francese del Ticket CESU, che dal 2005 ha esteso l’utilizzo del voucher universale a tutti i servizi alla persona.
Il voucher per il welfare aziendale non va confuso con il buono acquisto, cartaceo o digitale.
Anche in questo caso, infatti, viene emesso un voucher ma, al contrario di quello per il welfare, può essere speso per l’acquisto di beni di consumo o per il carburante.
In questo caso, però, la deducibilità è ridotta per ciascun dipendente fino a 516,46 euro nel periodo di imposta come previsto per i fringe benefit.