Il benefit più diffuso è l’auto aziendale ad uso promiscuo. Ma negli ultimi anni, complice la divulgazione sempre più capillare del welfare aziendale, il ventaglio delle offerte si è ampliato.
Sono i fringe benefit, il cui significato, traducendolo in italiano, è “benefici accessori” o secondari. Sono quei benefit, cioè, che possono essere definiti anche “compensi in natura” perché appunto non vengono dati sotto forma di denaro, ma come beni e servizi.
Si tratta dunque di benefit aziendali che rientrano in una particolare tipologia di retribuzione prevista dall’articolo 2099 comma 3 del Codice Civile. Tale normativa prevede infatti che un collaboratore possa essere retribuito anche con soluzioni alternative al reddito oltre alla sua retribuzione prevista.
Sono inoltre regolati dall’articolo 51 del TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi) per quanto riguarda la fiscalità, ma di questo parleremo sotto. Intanto ci soffermiamo sulle caratteristiche e perché potresti prevederli all’interno del tuo piano welfare aziendale.
Un’azienda di solito disciplina le tipologie di fringe benefit all’interno del contratto individuale. Per loro natura, infatti, si tratta di benefit che possono essere concessi anche singolarmente a ciascun dipendente.
Tra i fringe benefit più comuni ci sono per esempio l’auto aziendale e i buoni acquisto (come Ticket Compliments®) e l’automobile data con concessione privata.
Così come possono essere fringe benefit beni e servizi dedicati al dipendente quali:
- assistenza sanitaria;
- polizze assicurative;
- finanziamenti agevolati;
- acquisti di azioni societarie (le cosiddette Stock option);
- alloggi che vengono messi a disposizione del dipendente e della famiglia.
In generale possiamo dire che qualsiasi erogazione in natura (bene o servizio) erogato ad personam è un fringe benefit, anche se alcuni beni/servizi, se erogati a categorie omogenee, escono dall’area fiscale del fringe benefit.
Il fringe benefit può essere utilizzato dai dipendenti cui è stato assegnato in 2 differenti modalità:
- uso nell’interesse dell’azienda e del dipendente;
- uso nell’esclusivo interesse del dipendente.
Questo riguarda per esempio l’auto aziendale che, come dicevamo inizialmente, è uno dei benefit più apprezzati dai dipendenti.
L’auto può essere utilizzata a seconda degli accordi che farai con il tuo lavoratore per lavoro ma anche per motivi privati.
Quando è così, si parla di uso promiscuo dell’auto aziendale: il dipendente la utilizza sì per appuntamenti di lavoro, incontri, per raggiungere le diverse sedi o partecipare a un evento aziendale, ma può usarla anche per una gita fuori porta con la famiglia, andare a teatro ecc…. Situazioni, cioè, del tutto personali. Di solito in questi casi l’auto viene data tramite noleggio a lungo termine o leasing.
In questo caso, c’è da sapere che l’utilizzo dell’auto a uso promiscuo concorre alla formazione del reddito del dipendente. In che misura? A chiarirlo sono le tabelle ACI in base alle previsioni del TUIR e questo avviene tramite una determinazione forfettaria del 30%.
Si ipotizza infatti tale percentuale per un uso dell’auto aziendale, che è lavorativo e privato allo stesso tempo, ossia 5 giorni della settimana per impegni professionali e il resto per impegni personali. Il 30% di una percorrenza convenzionale di 15mila chilometri.
Tale percentuale vale solo per i contratti stipulati fino al 30 giugno 2020. A partire dall’1 luglio dello scorso anno, come previsto dalla Legge di Bilancio 2020, la tassazione forfettaria delle auto a uso promiscuo è inversamente proporzionale al livello di inquinamento dell’automobile.
Con la Risoluzione 46/E del 2020 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la data dell’1 luglio 2020 vale sia per quanto riguarda l’immatricolazione delle auto che per la stipula del contratto.
L’auto aziendale può essere concessa inoltre solo come uso personale ma restando di proprietà dell’azienda. Altrimenti può essere usata solo per motivi lavorativi. A ogni modo si tratta di un fringe benefit di tutto rispetto.
Sulla carta non c’è un limite all’erogazione di fringe benefit, anche se ovviamente bisogna fare i conti con la tassazione.
L’Agenzia delle Entrate a inizio 2018 ha sancito l’impossibilità di godere della fiscalità agevolata prevista per i beni e i servizi definiti dall’articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR). E questo nel caso in cui il dipendente utilizzi contemporaneamente fringe benefit e buoni per l’acquisto di beni fisici per un valore superiore al tetto massimo stabilito di 516,46 euro (l’aumento della soglia dei fringe benefit è stato previsto nel 2021 e per quest’anno con il Decreto Sostegni).
Al di sotto di tale somma, invece, il TUIR stabilisce che non concorre a formare reddito da lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati con qualsiasi modalità. Quindi sia attraverso buoni acquisto sia tramite fringe benefit.